Monte Covolo (1972-1999)

 

Il nome del Gruppo si legò a un’altra sensazionale scoperta: lo straordinario complesso di siti archeologici del Monte Covolo in comune di Villanuova sul Clisi.
Nel 1971 fu Sergio Persi, quasi il custode ufficiale della montagna e dei suoi segreti, a rinvenire tra il terreno di risulta di una buca scavata dall’Enel alcuni cocci di una ceramica riccamente decorata. Si trattava di frammenti di un vaso campaniforme, appartenente quindi a un enigmatico fenomeno culturale che coinvolge gran parte dell’Europa alla fine dell’Età del Rame (seconda metà del III millennio a.C.). Questa scoperta attrasse l’attenzione di uno studioso inglese, Lawrence H. Barfield, che, attraverso le ricerche che seguirono, stabilì per la prima volta la sequenza cronologica di circa due millenni di storia dell’Italia settentrionale.
Le ricerche al Covolo iniziarono nell’agosto 1972 con l’apertura di due saggi (A e B) che continuarono nell’agosto del 1973. Da allora iniziò una collaborazione tra il Gruppo e l’Università di Birmigham, che dura tuttora.
In quegli anni venne indagato l’abitato posto alla base del monte, che risultò fondato nel tardo Neolitico (metà IV millennio a.C.) ed abitato fino alla Media età del Rame (XVI sec a.C.).
Nell’ottobre 1973, Gabriele Bocchio, intraprese invece gli scavi sulla cima del monte, evidenziando quello che doveva essere un luogo di culto frequentato dalla prima dell’età del Ferro alla romanizzazione (VII – I sec. a.C.).
Quasi vent’anni dopo, Barfield sarebbe tornato al Covolo, attratto dai ripari che costellavano il monte, individuati sempre dal Persi e da Catullo Pasquali. Nel biennio 1990-91 venne indagato il Riparo Persi e nel 1992-93 il Riparo Cavallino. Emerse per la prima volta in area valsabbina la pratica eneolitica della sepoltura collettiva secondaria all’interno di recinti di pietra addossati alla parete della montagna.
Ma era destino che l’abitato di Monte Covolo non potesse rimanere tranquillo: l’ANAS aveva deciso di far passare proprio da lì la nuova variante della Strada Statale. Dopo una lunga trattativa, vista l’impossibilità di spostare il tracciato, la Soprintendenza decise di intervenire con uno scavo di grandi proporzioni per documentare la parte dell’abitato che sarebbe stata coinvolta dai lavori.
Nel 1993, Raffaella Poggiani Keller diresse una prima campagna esplorativa, attraverso la quale pianificare i successivi interventi. 
Nel 1998 iniziò il vero proprio scavo: in 8 mesi un numeroso gruppo di archeologi provenienti da tutt’Italia (Sicilia, Campania, Toscana, Lombardia etc.) scavò alacremente l’importantissimo abitato. La potenza stratigrafica del sito fu tale che si dovette organizzare una seconda campagna di scavi nel 1999 per portare a termine la ricerca, con le ruspe ormai in azione. Soprattutto questa seconda campagna vide attivi sullo scavo alcuni membri del Gruppo.
Al di là dei risultati scientifici, queste campagne di scavo segnarono l’inizio di due altre collaborazioni che hanno caratterizzato gli ultimi anni del Gruppo: con Raffaella Poggiani Keller della Soprintendenza e Marco Baioni, che diventerà  il nuovo conservatore del Museo.