Riparo Cavallino
In Italia settentrionale l’età del Rame è in genere un’età poco conosciuta, testimoniata da pochi contesti, a volte scavati nell’800 come l’importante necropoli di Remedello, che ha dato il nome alla cultura, diffusa nella pianura padana e caratterizzata da sepolture di inumati in fossa in posizione rannicchiata e supina. Lo sviluppo di società più differenziate fa emergere figure di guerrieri, sepolti con il pugnale con lama triangolare in rame o in selce, oggetto simbolo di quest’epoca. Queste figure di guerrieri trovano i loro corrispondenti nei mitici antenati, immortalati nelle statue-stele. Nell’area prealpina lombarda è documentata la cultura delle Grotticelle Sepolcrali o Cultura di Civate, caratterizzata dall’uso di grotte naturali (nel lecchese, comasco, bergamasco) e di ripari sottoroccia (nel bresciano) come luogo di sepoltura collettiva. Il rito prevalente distingueva una sepoltura primaria provvisoria per consentire la scarnificazione e una sepoltura secondaria definitiva delle ossa, accompagnata da riti di manipolazione. Nell’età del Rame sulle pendici del Monte Covolo, in corrispondenza di alcuni ripari coperti da un’alta parete rocciosa, si svilupparono almeno tre differenti aree funerarie caratterizzate dal rito della sepoltura collettiva secondaria. L. H. Barfield scavò tra il 1991 e il 1994 il Riparo Persi e il Riparo Cavallino, individuati qualche anno prima da S. Persi e C. Pasquali. L’area funeraria del Riparo Cavallino è situata in corrispondenza di una nicchia nella parete rocciosa. Lo scavo ha qui rivelato un complesso rituale della morte, che implicava una sepoltura primaria per liberare le ossa delle carni e una sepoltura secondaria dei resti ossei. Questo rito implicava varie operazioni come la manipolazione dei resti umani (frantumazione e semicombustione delle ossa) e l’offerta di oggetti d’ornamento e sostanze vegetali o animali. Questa consuetudine funeraria, documentata da confronti etnografici, sottende una concezione della morte come un lungo processo, per il quale a volte erano necessari riti dilazionati nel tempo. La scarnificazione naturale del cadavere indicava l’espulsione dell’individuo dalla società dei vivi, mentre la seconda sepoltura e la frantumazione rituale dei resti ossei erano forse intese a facilitare l’assunzione del defunto nel mondo degli antenati.